Capo I° – Natura E Scopo Dell’Associazione
art. 1
La “Piccola Famiglia dell’Annunziata” – sorta in diocesi di Bologna nel 1956 con il consenso e la benedizione dell’allora Arcivescovo Card. Giacomo Lercaro – è un’associazione di fedeli posta sotto il patrocinio della B. Vergine di S. Luca, di S. Petronio, dei protomartiri bolognesi Vitale ed Agricola e dei santi Ignazio di Antiochia, Benedetto, Francesco d’Assisi e Teresa Gesù Bambino.
art. 2
L’associazione non ha opere proprie.
art. 3
Scopi dell’associazione sono:
- lo sviluppo coerente e continuo della vita battesimale dei suoi membri sino alla sequela pura e totale del Cristo, sia per gli uni nella via della castità per il Regno dei cieli, sia per gli altri ne sacramento del matrimonio;
- la lode della gloria della Trinità Santissima, Padre, Figlio Spirito Santo, e l ’attesa vigilante e amorosa del ritorno del Signor Gesù;
- l’intercessione incessante per la Chiesa di Bologna, per tutta la Chiesa, per tutti gli uomini, specialmente per i più piccoli e i più miseri, per quelli che ancora non conoscono Gesù e il suo Evangelo;
tutto questo fedelmente inserito e vissuto senza riserve in seno all’intera comunità diocesana, in totale sottomissione al Vescovo e in piena comunione con i presbiteri, con i diaconi e con il popolo di Dio della Chiesa bolognese.
art. 4
Tutti i membri dell’associazione debbono vivere nella certezza di fede che questi scopi non possono essere realizzati senza la prevenzione dello Spirito Santo, l’Amore increato, attinto:
- dalla Sacra Scrittura (nell ’inscindibile unità di Antico e Nuovo Testamento) ogni giorno letta, pregata, commentata in lettura continua, in modo conforme alla grande tradizione della Chiesa, cioè dei suoi Padri e del suo magistero;
- dall’Eucaristia quotidiana, celebrata e vissuta con degna ampiezza, nel quadro pacato e profondo d2,00cmella Liturgia delle Ore, e preparata, avvalorata ed interiorizzata da un congruo spazio di preghiera personale.
art. 5
Tutti i membri, nella proporzione richiesta e consentita dallo stato di ognuno, troveranno ispirazione e norma nel breve compendio annesso di principi spirituali ( la “Piccola regola”): cioè si lasceranno condurre da uno spirito di semplicità e di spogliazione, di ubbidienza e di abbandono alla iniziativa preveniente di Dio, il quale solo può dare l’umiltà del Cristo e la sua carità piena ed universale. Tutti i membri avranno come loro “Grande regola” l’Evangelo, particolarmente come è stato compreso e vissuto dai quattro santi Ignazio, Benedetto, Francesco e Teresa.
Capo II° – La Struttura Dell’Associazione
art. 6
L’associazione si compone di due rami, uno maschile e uno femminile, distinti e insieme saldamente uniti, costituenti un’unica famiglia o comunità. La distinzione dei rami si attua sempre nella separazione delle sedi di abitazione, degli organi interni e, normalmente, nella separazione di attività e di lavoro. L’unità fra i due rami è assicurata dalla identità dello scopo e dello spirito, dalla unicità della Piccola regola, dall’unico ritmo di lettura quotidiana e di commento delle Scritture, dalla Liturgia eucaristica celebrata insieme (ogni qualvolta sia appena possibile) e infine dalla costante preoccupazione dell’accordo più pieno, in ogni scelta importante e in ogni sviluppo e indirizzo concreto, assicurato da organi appositi di collegamento fra i due rami.
art. 7
Il ramo maschile comprende laici e ministri ordinati: questi soltanto nelle proporzioni strettamente necessarie alle esigenze spirituali dell’intera comunità. Tutti i membri, laici ed ordinati, sono su un piano di piena parità anche per quanto riguarda l’attribuzione delle responsabilità direttive di ogni ramo, salvo ovviamente ciò che è proprio dell’ordine sacro. I ministri ordinati, sia diocesani che extra-diocesani, non possono essere ammessi nella comunità se non con il consenso espresso dell’Arcivescovo dato caso per caso, e, se extra-diocesani, anche con il consenso del loro Vescovo. Per essi si intende che l’impegno con la famiglia e il suo servizio di testimonianza evangelica e di intercessione viene a costituire l’oggetto proprio del loro servizio normale nella Chiesa diocesana, fino a contraria disposizione espressa dell’Arcivescovo.
art. 8
La comunità è unica anche se si può articolare in nuclei distribuiti in località diverse, anche all’estero: i singoli membri assegnati ai diversi nuclei, anche quando lo fossero per un mandato stabile, non lo sono mai in modo definitivo, ma sempre revocabile dall’obbedienza, sicché sia sempre assicurata in tutti la consapevolezza viva ed attuale di appartenere ad un’unica famiglia e di essere unitariamente espressione della Chiesa bolognese e alle dipendenze del suo Arcivescovo. Le dimensioni e le articolazioni dell’associazione debbono globalmente conservarsi entro limiti tali che non siano alterati i caratteri e lo spirito di vera famiglia. Nel caso che esse dovessero aumentare, in modo rilevante e manifesto, oltre questi limiti, si procederà agli opportuni distacchi per filiazione (specialmente per i nuclei all’estero, congruamente maturati), avendo cura di prendere tutti i provvedimenti perché si conservi lo spirito originario, studiando adatte norme federative e garantendo sempre l’osservanza dell’unica regola.
Capo III° – I Membri Dell’Associazione
art. 9
I membri, a seconda del grado di stabilità o di definitività del loro impegno, si distinguono in:
- membri a titolo dichiaratamente temporaneo;
- aspiranti;
- permanenti;
- con impegno definitivo e perpetuo.
art. 10
I membri a titolo temporaneo sono coloro che, accolti nella comunità nonostante non abbiano, o non abbiano ancora, l’intenzione di impegnarsi con essa, vi osservano pienamente la regola e ogni indicazione dei superiori. Essi possono essere solo in numero molto limitato rispetto alle proporzioni di ogni singolo ramo. La loro ammissione, su proposta motivata del superiore, deve essere approvata dall’assemblea di ramo. In nessun caso potranno restare in tale posizione oltre un triennio. Per i membri temporanei sono previste apposite riunioni formative: possono anche partecipare alle riunioni di formazione o di studio previste per gli altri. Non possono partecipare di regola alle assemblee, se non su apposito invito, volta a volta, del responsabile, e solo quando si tratta specificamente di aspetti della loro collaborazione alla vita della comunità.
art. 11
Gli aspiranti sono quelli che dichiaratamente tendono ad assumere con la famiglia un impegno definitivo. Il periodo della loro formazione dura almeno sei anni per tutti, cioè sia per quanti aspirano alla consacrazione con voti, sia per i coniugati che aspirano alla professione nella comunità. La loro prima ammissione è disposta dal superiore di ramo (per i coniugati è disposta congiuntamente dai due superiori). Il superiore deve informare l’assemblea di ramo o l’assemblea generale: solo in caso di gravi obiezioni si deve procedere a votazione a maggioranza semplice.
art. 12
Diventano membri permanenti gli aspiranti, trascorso un triennio di appartenenza all’associazione, con buona e solida prova della serietà della loro osservanza e dell’assimilazione dello spirito della comunità. Vengono ammessi ad assumere un impegno stabile e, nell’intenzione, definitivo, che si esprime leggendo la “Piccola regola” e dicendo semplicemente l’evangelico “sì” (Mt 5–37) davanti alla comunità durante una Liturgia. La loro ammissione spetta all’iniziativa del superiore di ramo, ed è sottoposta all’approvazione dell’assemblea di ramo. Per i coniugati l’approvazione a membri permanenti è di competenza dell’assemblea generale.
art. 13
A membri a impegno perpetuo possono essere ammessi i membri permanenti dopo che siano trascorsi complessivamente almeno sei anni dalla loro prima ammissione. La proposta di ammissione fatta dal superiore di ramo, quando egli la giudica matura, è sottoposta prima alla consultazione discreta e solo orientativa dei membri permanenti, quindi deve essere approvata a scrutinio segreto a maggioranza semplice, dall’assemblea dei membri ad impegno perpetuo del ramo a cui appartengono o, per i coniugati, dall’assemblea generale sempre dei soli membri a impegno perpetuo. L’impegno perpetuo si assume, dai membri che seguono la via della castità, con la professione e la pronunzia dei quattro voti (privati) di stabilità, di obbedienza, di castità e di povertà secondo le determinazioni della “Piccola regola”. Per i coniugati, si assume con le promesse analoghe implicanti gli obblighi di cui all’art. 17, sempre secondo lo spirito della stessa “Piccola regola”.
art. 14
Spetta esclusivamente ai membri a impegno perpetuo:
- l’eleggibilità ai posti di responsabilità (superiori e vicesuperiori di ramo; responsabili e viceresponsabili di nucleo; membri del consiglio di coordinamento fra i due rami);
- l’elettorato attivo per le elezioni dei due superiori di ramo;
- il voto deliberativo per le nuove ammissioni all’impegno perpetuo;
- il voto deliberativo concernente l’approvazione e le modifiche della regola e dello statuto.
Per tutto il resto, i membri permanenti partecipano pienamente a tutti i diritti e a tutti i poteri, sono membri effettivi delle assemblee con voto deliberativo, possono rivestire incarichi e mansioni di settore.
art. 15
Tutti i membri, anche solo a titolo temporaneo, debbono vivere stabilmente nel nucleo loro assegnato oppure, se coniugati, debbono essere in stretto rapporto con tale nucleo e fra loro.
art. 16
Gli sposi cristiani possono aderire all’associazione solo insieme, in pieno accordo e contemporaneamente. Essi sono membri secondo i vari stadi e con i poteri descritti negli articoli precedenti, compreso l’ultimo stadio, quello dell’impegno perpetuo. Restano nelle loro case e sedi, pur essendo auspicabile che si collochino il più vicino possibile alle sedi della comunità. La loro partecipazione all’associazione deve fare sempre salvi tra di loro tutti i valori del sacramento del matrimonio, anzi si giustifica solo in quanto può consentire loro di approfondire insieme, con i mezzi di grazia e gli aiuti propri della comunità, l’impegno e l’efficacia sovrannaturale del sacramento ricevuto. D’altra parte essi devono arricchire, con i loro carismi e la loro esperienza, la vita e l’impegno degli altri membri che seguono la via della castità, così che la loro comunione contribuisca fortemente alla ricchezza e alla concretezza dell’intera comunità.
art. 17
La professione dei coniugati li vincola con promesse perpetue:
- per quanto riguardo la castità, a vivere il loro affetto fedele e il loro dono reciproco in modo sempre più ordinato alle esigenze assolute dell’amore di Dio;
- per quanto riguarda la povertà, ad una gestione familiare caratterizzata da sobrietà evangelica, a seguire gli opportuni richiami che loro venissero fatti al riguardo, e a non fare spese straordinarie se non sottoponendole ai superiori;
- per quanto riguarda l’obbedienza, ad approfondire sempre più la loro sottomissione reciproca nel timore di Cristo vivendo secondo gli ammonimenti dell’Apostolo (Ef 5,21–29), e ancora a non assumere gravi impegni extra-familiari di qualsiasi natura senza consenso dei superiori e a sottoporre ogni variazione importante nelle loro scelte fondamentali di ritmo di vita e di attività. La portata della professione, oltre che dalle norme di questo articolo, sarà per ognuno ulteriormente determinata da un regolamento personale di vita, rinnovabile quando apparirà opportuno, specificante per ogni coniugato gli adempimenti della “Piccola regola”.
art. 18
L’adesione alla comunità vincola solo gli sposi e non i loro figli, ai quali deve essere preventivamente notificata e spiegata, specialmente se essi hanno già ricevuta la S. Cresima. Se dovesse incontrare un’opposizione o una incomprensione grave dovrà essere rinviata, e in tutto si procederà con grande prudenza e carità.
art. 19
Gli sposi sono assegnati di pieno diritto al rispettivo ramo maschile e femminile e partecipano alle rispettive assemblee di vario grado e all’assemblea generale della comunità. Possono anche tenere riunioni a parte di formazione o di studio o per prepararsi in modo più opportuno e maturo alle decisioni delle assemblee di ramo o all’assemblea generale. In questo caso le riunioni saranno convocate e presiedute dal presidente del consiglio di coordinamento o da un suo delegato.
Capo IV° – Gli Organi Dell’Associazione
art. 20
Gli organi sono:
- organi dell’intera associazione, nell’insieme dei rami;
- organi di ramo;
- organi di nucleo.
art. 21
L’assemblea generale dell’associazione comprende tutti i membri permanenti dei due rami, tutti con voto deliberativo (salvo quanto disposto dall’art. 14, primo comma). È di competenza dell’assemblea generale tutto quello che riguarda le decisioni maggiori relative agli indirizzi, ai programmi e ai criteri complessivi dell’associazione. L’assemblea generale è l’organo normale della comunità nel suo insieme, e deve essere convocata e consultata anche a distanza in quella parte dei suoi membri che siano in altre sedi. In particolare spetta esclusivamente all’assemblea generale:
- decidere l’apertura e la chiusura dei nuclei, anche se interessanti un solo ramo;
- proporre qualsiasi modificazione della regola o dello statuto (queste sempre con la maggioranza qualificata dei due terzi di tutti i membri a impegno perpetuo);
- decidere sulla proposta della richiesta all’Arcivescovo per il conferimento degli ordini sacri ad un membro della comunità.
art. 22
Altro organo dell’intera associazione è il consiglio di coordinamento fra i due rami. È compito del consiglio:
- promuovere l’esecuzione dei programmi e delle decisioni deliberate dall’assemblea generale;
- garantire 1 ’ unità di indirizzo dei due rami nelle scelte esecutive più dettagliate, pur nel rispetto della singolarità propria ad ogni ramo;
- vigilare m modo particolare sullo spirito di povertà dei due rami in conformità alla “Piccola regola”;
- stabilire il numero massimo dei membri temporanei (non aspiranti a un impegno definitivo) che possono essere ammessi in ogni ramo;
- confermare l’ammissione alla professione perpetua dei membri deliberata dall’assemblea di ramo;
- disporre la convocazione dell’assemblea generale per iniziativa di almeno tre membri del consiglio stesso; preparare l’apertura o la chiusura di un nucleo;
- studiare e preparare la proposta di modifica della regola e dello statuto, su cui delibererà l’assemblea generale dei membri a impegno perpetuo;
- deliberare in ultima istanza tutto quanto riguarda l’uscita volontaria o l’esclusione autoritativa dall’associazione dei membri permanenti e dei membri a impegno perpetuo (v. sotto artt. 38,
Il consiglio di coordinamento elegge, nel proprio seno, a maggioranza semplice, il presidente, al quale spetta anche la rappresentanza legale dell’intera associazione, e convocare e presiedere l’assemblea generale. La composizione del consiglio è regolata dalle norme transitorie di questo statuto.
art. 23
L’assemblea di ramo – convocata ad iniziativa del superiore di ramo – ha composizione e competenze analoghe a quelle dell ’assemblea generale per quanto riguarda l’ambito del singolo ramo: in caso di dubbio che le materie sulle quali decidere abbiano rilevanza anche per l’altro ramo, conviene sempre attenersi al criterio più sicuro e sentire almeno il parere dell’altro ramo.
art. 24
L’assemblea di nucleo – convocata dal superiore di ramo o di nucleo – è in modo ancor più diretto ed abituale l’organo in cui Si esprime la collegialità familiare al livello più immediato. Il responsabile di nucleo si preoccuperà di tenerla informata di ogni cosa che abbia un qualche rilievo e di ricorrere ad essa non solo nei casi di deliberazioni vere e proprie, ma più frequentemente, per riceverne luce e grazie, anche per le cose cui, secondo il mandato ricevuto, spetta alla sua coscienza e alla sua responsabilità di provvedere, salvo sempre la discrezione e il rispetto per le singole anime. Ne fanno parte tutti i membri permanenti del nucleo: e in più, con voto consultivo, anche gli aspiranti che abbiano compiuto almeno un anno in comunità e abbiano ricevuto per questo un’approvazione dal superiore di ramo, previa consultazione dei membri permanenti del ramo stesso. Tutti i partecipanti all’assemblea di nucleo si atterranno ad un vero spirito di famiglia, senza dialettica, senza contrapposizione rispetto al responsabile e fra loro, con animo disarmato e generoso, col solo desiderio di esprimere la loro solidarietà costruttiva e la loro pace, in modo da rendere questi incontri fraterni frequenti, sì, ma perciò anche più agili e più incoraggianti per chi ha la responsabilità. È compito degli organi superiori esercitare un’attenta vigilanza e intervenire decisamente, senza riguardi di persone, quando l’assemblea di nucleo possa prendere un andamento dialettico, defatigante e paralizzante.
art. 25
Il superiore del ramo maschile e la superiora del ramo femminile hanno ciascuno per il loro ramo, e su tutti i singoli membri, dovunque siano dislocati, piena autorità per dare esecuzione alle disposizioni degli organi deliberanti e per garantire e fare progredire l’osservanza e lo spirito della comunità, per proporre programmi di studio e di lavoro e ogni iniziativa necessaria o utile. Spetta ancora loro destinare i fratelli e le sorelle alle diverse località e nuclei, sentito il parere della rispettiva assemblea di ramo. Soprattutto – in conformità al carattere e alla struttura familiare della comunità – essi esercitano una vera funzione paterna o materna, hanno come loro impegno precipuo la generazione e la direzione spirituale dei membri nelle grandi linee, non solo nel periodo della prima formazione, ma in modo permanente, anche dopo l’impegno perpetuo. È assolutamente necessario che l’uno e l’altra procedano in tutto in continuo contatto, estendendo ciascuno la propria attenzione e la propria preoccupazione spirituale, nei modi discreti ed opportuni, anche nei confronti dell’altro ramo.
art. 26
I superiori di ogni ramo vengono eletti dall’assemblea generale dei membri ad impegno perpetuo, a maggioranza dei tre quinti dei votanti: dopo tre votazioni andate a vuoto, basterà la maggioranza assoluta dei votanti. L’assemblea dei membri ad impegno perpetuo deve essere preceduta dalla riunione dei membri permanenti, che esprimerà una terna solo orientativa. Il compito dei due superiori, data la struttura familiare della comunità, è per natura sua non soggetto a scadenze. Ma la elezione è compiuta, la prima volta, per soli quattro anni. Allo scadere del quadriennio si procede ad una nuova elezione: o per la conferma definitiva (nel qual caso basterà la maggioranza assoluta) oppure per la designazione di un nuovo superiore (nel qual caso si esigeranno nelle prime tre votazioni i tre quinti dei voti) per la durata di un solo quadriennio: allo scadere del secondo quadriennio l’assemblea generale potrà solo procedere alla designazione definitiva dell’uno o dell’altro, a maggioranza assoluta, senza un terzo rinvio. Dopo la conferma definitiva il superiore resta in carica senza termine, salvo il caso di rinunzia o di malattia invalidante o altra causa che pregiudichi gravemente la sua funzione. La malattia invalidante o la causa gravemente pregiudicante potrà essere rilevata ad istanza di almeno tre membri del consiglio di coordinamento che si pronunzierà su di essa, anche senza il consenso del superiore in causa. Dopo la decisione del consiglio di coordinamento e previa eventuale consultazione riservata dei membri permanenti dell’associazione se apparirà possibile ed opportuna, il consiglio stesso indirà l’assemblea generale che deciderà a maggioranza assoluta le dimissioni del superiore. Quindi in una nuova assemblea generale tenuta a distanza di almeno un mese si procederà alla nomina del nuovo superiore secondo le norme soprascritte.
art. 27
Il superiore del ramo maschile e la superiora del ramo femminile avranno ciascuno un vicesuperiore che in modo continuativo li coadiuvi oppure li sostituisca con le funzioni e i compiti più o meno estesi, che potranno essere precisati dal superiore stesso secondo le circostanze e le persone. Ogni superiore nomina il proprio vicesuperiore, previa consultazione discreta di tutti i membri professi e permanenti.
art. 28
Ad ogni nucleo è preposto un responsabile o una responsabile, nominato dal superiore previa consultazione discreta di tutti i membri professi e permanenti del nucleo. Il responsabile ha compiti non soltanto esterni, ma una funzione anche spirituale da esercitarsi in fedele e generosa armonia con le direttive e lo spirito del superiore di ramo: compiti e funzioni del responsabile potranno essere più o meno estesi, secondo le disposizioni del superiore, tenuto conto delle persone e delle circostanze (e specialmente della distanza del nucleo dalla sede abituale del superiore). La funzione e l’autorità del responsabile di nucleo si estende a tutti i membri comunque residenti in una certa località ed area.
art. 29
Ogni responsabile di nucleo deve avere un viceresponsabile che in modo continuativo lo coadiuvi, oppure lo sostituisca in caso di assenza; deve essere persona armonizzata e solidale col responsabile di nucleo. Perciò spetta al responsabile stesso la prima proposta, previa consultazione discreta dei membri del nucleo che, secondo l’opportunità, verrà fatta o dal responsabile o dal superiore di ramo. La conferma spetta al superiore di ramo.
art. 30
Le funzioni di vicesuperiore di ramo, di responsabile di nucleo e di viceresponsabile di nucleo non hanno né durata, né scadenza fissa: possono essere sostituiti, riammessi, confermati su proposta del superiore. Ma per ogni sostituzione deve essere condotta dal superiore una consultazione discreta fra i membri interessati: questa consultazione va rinnovata in caso di conferma, allo scadere di ogni quadriennio. Dove non ostino gravi motivi, attinenti esclusivamente al bene delle anime e alla considerazione dei rapporti spirituali più profondi, conviene favorire l’avvicendamento di queste funzioni.
art. 31
Spetta all’assemblea di ramo, su proposta del superiore, stabilire l’opportunità di altri organi o incarichi particolari per settori (per es. per la formazione degli aspiranti, per le funzioni di segreteria, di economato, ecc.), definire le mansioni e la durata, confermare le persone.
art. 32
L’associazione non deve possedere beni immobili di nessuna sorta, né può avere scorte di denaro o di beni mobili di qualunque tipo, salvo il minimo occorrente per i bisogni immediati o impegni già previsti. Deve essere ogni anno curato un rendiconto che consenta di accertare la misura in cui effettivamente la comunità ha provvisto ai propri bisogni con il lavoro dei membri e la misura delle offerte ricevute, che non debbono mai essere sollecitate.
Capo V° – Comunione Con La Chiesa E Sottomissione All’Arcivescovo
art. 33
Tutti i membri, tutti gli organi responsabili e l’associazione nel suo insieme, metteranno il massimo impegno di fede e di amore nel rapporto con la Chiesa madre, dal cui seno sanno di avere ricevuto la vita sovrannaturale e di attingere ogni grazia e ogni dono. Vivranno il loro rapporto con il Vescovo nella docilità filiale e nella più intensa e attiva comunione e solidarietà di sofferenze, di speranze e di preghiere.
art. 34
In particolare sempre sottometteranno al consenso dell’Arcivescovo:
- l’ ingresso di nuovi membri che siano ministri già ordinati, sia diocesani, sia extra-diocesani;
- ogni decisione relativa all’ammissione di ogni membro all’impegno perpetuo;
- la prima designazione per un quadriennio e la successiva conferma dei due superiori di ramo e preventivamente di ogni altra decisione che li riguardi (dimissioni, sostituzione per malattia invalidante o per altra grave causa); e così pure la conferma del presidente eletto dal consiglio di coordinamento nel caso in cui non fosse uno dei due superiori di ramo;
- gli indirizzi e i programmi periodici della comunità (almeno una volta all’anno);
- le decisioni relative all’apertura di nuovi nuclei in diocesi o fuori diocesi e, ogni volta, l’invio di membri nei nuclei extradiocesani:
- le decisioni relative all ’uscita volontaria o all ’esclusione autontativa dall’associazione di membri permanenti e di membri a impegno perpetuo;
- il resoconto annuale delle entrate e delle uscite della comunità e il controllo dello spirito di povertà della medesima;
- ogni variazione delle norme statutarie.
art. 35
La comunità nel suo complesso, e in particolare i superiori e i responsabili di nucleo, avranno una particolare cura di seguire ed assecondare, per quanto può riguardare la comunità e il suo ambito di influsso, l’azione degli uffici diocesani, e di mantenere il contatto e l’espressione della viva comunione, in sede liturgica ed extra-liturgica, con il presbiterio diocesano e con i suoi organi, con il consiglio pastorale, e specialmente col parroco locale e il vicario pastorale.
art. 36
I nuclei extra-diocesani si manterranno nello stesso atteggiamento di comunione e di obbedienza rispetto al Vescovo locale: chiederanno preventivamente il suo consenso e la sua benedizione per ogni insediamento, lo terranno informato di ogni cosa di rilievo e gli faranno periodicamente relazione di tutto l’andamento del nucleo.
Capo VI° – Uscita E Dimissioni Dall’Associazione
art. 37
Gli aspiranti possono uscire dall’associazione in qualunque momento e per qualunque causa, semplicemente notificando per iscritto la loro volontà al superiore di ramo. Analogamente possono essere congedati, in qualunque momento, dallo stesso superiore di ramo, dopo che avrà informato l’assemblea di ramo e il consiglio di coordinamento.
art. 38
I membri permanenti debbono seriamente considerare la loro primitiva intenzione che doveva essere di aderire definitivamente all’associazione: perciò debbono motivare il nuovo loro intendimento di uscirne e attendere che – su iniziativa del superiore – si pronunzi l’assemblea di ramo e il consiglio di coordinamento. Questo vaglierà le loro motivazioni e, se lo ritenga ancora opportuno, si adoprerà per ottenere un differimento e una maggiore ponderazione della loro decisione. Ove questa appaia irremovibile, il consiglio di coordinamento confermerà e stabilirà la data in cui il recesso dall’associazione opererà i suoi effetti. Analogamente il superiore di ramo potrà, per causa grave, sottoporre all’assemblea di ramo e al consiglio di coordinamento la esclusione autoritativa di un membro permanente, il quale avrà diritto di essere informato e sentito sulle contestazioni che gli sono fatte. Il consiglio potrà stabilire un ulteriore periodo di prova oppure decidere l’esclusione dall’associazione a partire da una certa data.
art. 39
I membri a impegno perpetuo debbono considerare l’impegno assoluto come sacro e inviolabile, in nessun modo rimesso al loro arbitrio o a condizioni o a cause sopravvenute. Tutta la formazione dei membri e la prassi della stessa associazione debbono inculcare questa inderogabilità assoluta dell’impegno perpetuo. In particolare, proprio per questo motivo, l’associazione non può ammettere tra i propri membri chi avendo già assunto un analogo impegno in qualunque altro istituto approvato formalmente dalla Chiesa, volesse passare ad essa, nemmeno se avesse il consenso dei propri competenti superiori. Se, malgrado questo, un professo a impegno perpetuo manifesta l’intenzione di uscire, sentita prima l’assemblea di ramo, il consiglio di coordinamento “dopo avere invano esperiti gli opportuni tentativi ” esprimerà un parere motivato sul caso e rimetterà la cosa all’Arcivescovo, applicando per analogia il disposto dei canoni 691 e 692.
art. 40
Per l’esclusione autoritativa dall’associazione di un professo a impegno perpetuo valgono per analogia i canoni 694, 695, 696. Per iniziativa del superiore di ramo si pronunzierà prima l’assemblea di ramo, quindi la decisione, confermata dal consiglio di coordinamento, spetterà in ultima istanza all’Arcivescovo con l’osservanza per analogia di quanto è disposto dai cann. 700, 701, 702.
Capo VII° – Norme Finali E Transitorie
art. 41
All’atto dell’approvazione del presente statuto da parte dell’Arcivescovo gli attuali superiori decadranno e si aprirà la procedura sopra descritta all’art. 26 per la loro designazione per la durata di un quadriennio e per la conferma da parte dell’Arcivescovo stesso.
art. 42
Il consiglio di coordinamento, oltre che dai due superiori di ramo e dai rispettivi vice, risulterà composto anche da due fratelli professi e da cinque sorelle professe eletti in assemblee distinte e da due rappresentanti professi degli sposi eletti dai coniugati. Resterà in carica per un quinquennio. Il numero dei membri eletti nei quinquenni successivi sarà suscettibile di aumento, stabilito dall’assemblea generale, con riferimento a variazioni notevoli della consistenza numerica dell’associazione nelle sue componenti.
art. 43
Per tutto quanto non è previsto dal presente statuto valgono le norme del libro II, tit. V, cap. II del C.I.C.